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Nap Bar: come fare Soldi mentre gli altri Dormono

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La pennichella a pagamento spopola all’estero. E in Italia?

Author: Annamaria Cardinali

Un’idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea.

L’autore di questo, e di centinaia di altri aforismi, è il genio irlandese di fine Ottocento, Oscar Wilde. Si è guadagnato la fama perpetua rovesciando, con eleganza e abilità inedite, tutti i formalismi, cioè le regole imposte dal senso comune.

Se fosse vissuto nella nostra epoca, forse avrebbe fatto marketing. Gli affondi letterari che disseminava nelle sue opere sarebbero stati perfetti abbinati a una gigantografia, su un enorme cartellone, a copertura di un brutto cantiere cittadino.

Ma, per quanto sensazionale, l’abitudine di avere idee pericolose o sovversive non è propriamente una risorsa, soprattutto per chi ha in mente di mettersi in affari. Quando si tratta di business, si è fin troppo ragionevoli. Visionari? Sì! Avventati? No, grazie.

Perché se essere creativi può sancire il successo dell’imprenditore, dimostrarsi imprudenti nell’analisi delle variabili può causarne il fallimento.

Avere un’intuizione non basta, occorre sondare il terreno. Lo abbiamo detto altre volte, non mancheremo di ripeterlo: target, territorio, prodotto, mercato… Ogni elemento va esaminato con scrupolo maniacale, avvalendosi di tutte le conoscenze necessarie.

Una volta seguita la procedura corretta, si dà il via alle danze. E allora, business!

Il buon esempio viene dai “nap bar”, dove “nap” significa “pisolino”. Né bar, né alberghi. Si tratta di locali, di solito situati in quartieri in cui la presenza di uffici raggiunge un’alta densità, dove le persone possono rilassarsi – quindi dormire, leggere – pagando pochi euro ogni mezzora, contando su un ambiente silenzioso e discreto, dotato di riviste, quotidiani, e un bar.

L’idea viene dal lontano Giappone, dove la frenesia delle grandi città ha acceso la lampadina di qualche pioniere della pennichella a pagamento. Si è poi diffusa in alcune grandi metropoli, compresa Madrid, dove il riposino postprandiale è una legge naturale, come la gravità.

L’ideatrice di Siesta&Go, infatti, deve aver fatto un ragionamento semplice ma originale, che le è valso nientemeno che il successo imprenditoriale. Si è accorta, circa un anno fa, come un bisogno primario – dormire – stia man mano acquisendo la fisionomia di una risorsa non rinnovabile, al pari dell’oro o del petrolio, la cui scarsità ne incrementa il valore.

Considerando che una grandissima percentuale di suoi connazionali spagnoli sta rinunciando a riposare il pomeriggio, a causa perlopiù dei ritmi di lavoro serrati, Maria Estrella Jorro de Inza (così si chiama la fondatrice) ha pensato bene di aprire e posizionare il suo nap bar a portata di lavoratore stressato.

In effetti, viaggiando sui mezzi pubblici di Londra, Parigi, Milano, ecc. è difficile non accorgersi di quanti passeggeri crollino sui sedili.

Da un articolo di Repubblica dello scorso settembre: pare che un italiano su quattro non rinuncerebbe mai alla pennichella pomeridiana; per il 58% del campione intervistato, il riposino postprandiale è inconciliabile con gli orari di lavoro; un buon 4% di loro dichiara che sarebbe in grado di dormire appoggiandosi alla scrivania, in ufficio, mentre il 6% ammette di assopirsi ovunque.

Ma in Italia, a quanto sembra, non esiste ancora un vero nap bar.

Una prima, timida replica la troviamo a Torino, nel centro commerciale “Viali di Nichelino”, dove uno store di materassi ha aperto un Temporary Nap Bar, con la giusta intuizione di sfruttare un trend in ascesa per pubblicizzare i prodotti in vendita.

Pare che nessun’altro abbia pensato di fare lo stesso, al momento, sebbene le premesse siano buone. Forse potrebbe essere utile qualche indicazione in più.

Prendendo come punto di riferimento Siesta&Go (che ha ottenuto visibilità a livello internazionale, vista l’eco mediatica di cui ancora gode – ne parlano Il Messaggero, Panorama, Elle, HuffingtonPost, The Independent, il Telegraph e molti altri) vediamo quali caratteristiche deve possedere un nap bar per funzionare bene.

Aspetto e dotazioni: l’ideale è creare un ambiente rilassante dove il ricircolo d’aria sia assicurato, perché non sempre si dispone di finestre. Bagni: ne occorrono un tot ogni tot di persone; anche questi dovranno essere ben ventilati. Spazi comuni, con letti a castello (dotati di tendine, per garantire la privacy) e scrivanie, prese elettriche e lampade. L’ideale sarebbe creare anche alcuni spazi privati. La biancheria verrà cambiata molto spesso, perché un cliente può trattenersi anche solo per mezz’ora. Siesta&Go regala ai visitatori tappi per le orecchie e mascherine. Il wifi gratuito è strettamente necessario. Libri e riviste saranno ben graditi. Non può mancare l’area bar (in caso di spazi ridotti, servirà almeno un distributore automatico di caffè e snack).

Posizione: meglio scegliere una zona densa di uffici e di attrazioni turistiche e commerciali, come le vie dello shopping e i quartieri della finanza. Ancora meglio sarebbe posizionarsi in un luogo lontano da club notturni e simili, altrimenti occorrerà insonorizzare per bene il locale. Siesta&Go è da poco su tripadvisor: purtroppo, il 25% delle recensioni è molto negativo, a causa della recente apertura di una discoteca proprio accanto alla zona relax.

Listino e mercato: Siesta&Go – che, lo ricordiamo, è nella “city” di Madrid – propone:
1 ora a 6 € e 30 minuti a 4 € nella zona comune (letto singolo a castello);
1 ora a 8 € e 30 minuti a 6 € in stanza privata.
Questi sono i prezzi “esposti” sul sito, ma il locale è anche su Booking.com, dove si può prenotare una stanza o un posto letto pagando – a notte – dai 50 ai 65 € a persona. Perciò, volendo, il, nap bar si può convertire in una struttura ricettiva classica.

Non siamo in grado di preventivare il volume d’investimento iniziale per questo tipo di business ma, ad ogni modo, bisognerà tener conto del fatto che affittare o comprare uno spazio abbastanza capiente nel centro di una grande città può avere costi elevati.

L’idea del nap bar vi solletica? A giudicare dal successo di Siesta&Go, sembra meno pericolosa di altre… Lo è davvero? Via ai commenti!

 

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