Ecco perché alcuni Franchising Colano a Picco!
4 min readVi siete mai chiesti perché alcune catene in franchising esistono da decenni e altre spariscono dopo un anno, anche se operano nello stesso settore? Vi è mai capitato di notare che nei centri commerciali alcuni negozi stanno lì da sempre ed altri aprono e chiudono ogni sei mesi?
Fortuna, abilità commerciale, strategia, serietà professionale… cosa c’è dietro a questo fenomeno?
In altre parole, perché alcuni franchising cessano di esistere dopo qualche anno e altri si sviluppano garantendo ai propri affiliati un’attività da lasciare ai figli?
Non c’è dubbio che le variabili siano molte, e che la crisi economica abbia contribuito ad alterare progetti, equilibri e business plan, creando non pochi problemi alle aziende. Così come non c’è dubbio sul fatto che un’azienda, specie se gestisce una rete franchising, debba saper innovare, investire, cambiare, se vuole rimanere ai vertici del settore. Per ultimo, non dipende solo dall’affiliante il successo di una rete franchising, ma anche dai singoli attori, gli affiliati.
A prescindere da ciò, è possibile individuare una matrice comune nel successo o nell’insuccesso di una rete franchising? Esiste un minimo comune denominatore, un problema ricorrente, un segnale che chi vuole aprire un punto vendita in franchising possa cogliere al fine di capire se sta facendo una buona scelta o una scelta azzardata?
Nel 1965, chi ha passato gli anta se lo ricorderà, la Lamborghini presentò al Salone di Torino un nuovo modello destinato a sconvolgere il mercato delle supercar: la Miura.
Un auto semplicemente fantastica, destinata a segnare un’epoca.
Il successo di quell’auto fu tale che il produttore faticò a star dietro agli ordini. Collaudi, prove e verifiche che avrebbero dovuto essere eseguite, vennero fatte in maniera superficiale, lasciando di fatto al cliente l’onere di collaudare la vettura.
E i problemi non tardarono a presentarsi, a iniziare dal fatto che la Miura aveva il vizio di prendere fuoco per un difetto di carburazione, problema in seguito risolto.
Cosa c’entra tutto questo con il franchising? Apparentemente nulla. Invece, a ben guardare, un elemento comune c’è: si chiama sperimentazione.
Un prodotto, o un servizio, sarà tanto più affidabile quanto più sarà stato testato, collaudato, sistemato, migliorato.
Proprio per tale ragione è fondamentale che una rete franchising venga sperimentata a lungo prima di “arruolare” i franchisee. Al punto che pure la legge 129/2004 lo impone. Solo una sperimentazione su quelli che vengono definiti punti pilota, cioè punti vendita gestiti direttamente dal franchisor con la stessa formula commerciale con cui saranno gestiti dai franchisee, può gettare i presupposti per un’attività di successo.
Nei punti pilota deve essere sperimentata la formula franchising nella sua interezza: costi, ricavi, modalità di vendita, stoccaggio del materiale, logistica, esposizione della merce, marketing. Insomma, tutto.
Solo così il franchisor potrà disporre di una formula sicura da replicare per tutti gli affiliati che verranno.
Va da sé che questa sperimentazione non possa durare pochi mesi, ma almeno un anno (meglio sarebbero due anni). E che dovrebbe essere fatta su più punti pilota, magari in zone diverse.
Quindi, ecco il nocciolo della questione. Se siete interessati ad avviare un’attività in franchising, questo è uno dei primi aspetti da verificare.
La formula è stata testata su punti pilota gestiti direttamente dall’azienda affiliante e per almeno un anno? Dove sono? Quanti sono? Quanto tempo è durata la sperimentazione? Da quanto tempo esiste l’azienda, e da quanto tempo è stato registrato il marchio?
A questo punto, l’osservazione di un lettore attento potrebbe essere: visto che è la legge ad imporlo, certamente ogni affiliante avrà attivato dei punti pilota, quindi posso stare tranquillo.
Non è affatto così. Accanto ad aziende che lo hanno fatto (e sono quelle che dopo vent’anni stanno ancora lì) ve ne sono molte che si inventano un franchising in pochi mesi, giusto per saltare sul carro del business del momento.
Da cui un’altra osservazione importante: i più colpiti da questo fenomeno, che potremmo definire tranquillamente improvvisazione, sono molto spesso proprio i settori “di tendenza”, quelli del momento, quelli di cui tutti parlano, quelli che riempiono le pubblicità dei giornali e della Rete.
Occhi aperti, dunque. Il successo non lo si improvvisa in pochi mesi.
A meno di vendere una Miura.
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Buongiorno, approvo in pieno quanto scritto nell’articolo, e mi congratulo per la schiettezza con cui le cose sono state esposte. Gestisco una rete franchising nel settore della ristorazione rapida. Prima di avviare la franchise abbiamo sperimentato la formula per quasi due anni, apportando di volta in volta modifiche e sistemazioni. Alla fine siamo stati in grado di offrire agli affiliati un’investimento sicuro.
Naturalmente la cosa ci è costata tempo e denaro, ma ora possiamo dire di essere un brand di successo. Alcuni concorrenti hanno aperto in pochi mesi, senza sperimentare alcunchè. Inizialmente ci hanno rubato qualche affiliazione, visto che noi non eravamo pronti, ma dopo pochi mesi si sono ritrovati in tribunale con cause ovunque, e i loro affiliati li abbiamo assorbiti noi,
Grazie per il tuo contributo, Giorgio. Come dicevo nell’articolo, la professionalità nel lungo periodo fa la differenza tra chi vince e chi perde.
Sono sicuramente d’ accordo su tutto ciò scritto nell’ articolo, soprattutto sulla sperimentazione; alcune aziende però sono restie a dare queste informazioni o meglio divagano se si pongono domande specifiche. Ma non pensano che i possibili affiliati potrebbero capirlo da soli, con un piccolo ragionamento, che la formula è poco testata e quindi poco affidabile anche la proposta di affiliazione? Però il basso costo dell’ offerta commerciale purtroppo attira molte persone, soprattutto in questo periodo di crisi!
Non è facile per un profano valutare quanto la formula sia stata sperimentata. Spesso la gente valuta erroneamente l’esperienza di un’azienda dal numero di anni di presenza sul mercato (magari è presente da vent’anni, ma il franchising è partito l’anno prima) oppure dal numero degli affiliati presenti. Anche quest’ultimo dato è fuorviante. Se l’azienda non ha fatto tesoro degli errori e non è cresciuta da un punto di vista organizzativo e strutturale, un numero cospicuo di affiliati insoddisfatti è di gran lunga più penalizzante di pochi affiliati contenti.
Grazie per lo spunto, Loredana.
Questo significa che per valutare la proposta commerciale uno dei parametri fondamentali è l’ intervista agli affiliati? E qual’è il numero giusto di interviste per così dire?
Non c’è dubbio. Personalmente consiglio di visitare almeno 5 affiliati in zone diverse.
Per il punto pilota va chiesto esplicitamente al franchisor, e occorre farsi portare a visitarlo. Alcuni franchisor, quelli che il franchising l’hanno improvvisato e non sanno neppure cosa sia un punto pilota (e sono molto più di quanto si possa pensare), risponderanno che il punto pilota è l’azienda stessa, oppure una qualche vetrina che funge da esposizione.
Questo sarà già un ottimo segnale da cogliere.