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fai la scelta giusta

E ora che si fa?

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fase 2 covid

Ora il mio posto di lavoro che fine fa?

fase 2 covid

Author: Mariella Frangi

Alla data di stesura di questo articolo la fase 2 è iniziata. E speriamo non sia davvero uguale alla fase 1 “ma con le maniche corte”.

In attesa di definire un futuro che rimane incerto, sia da un punto di vista sanitario che economico, qualche considerazione su quanto accaduto possiamo farla. E sulla base di quelle considerazioni proveremo a ipotizzare uno scenario possibile per quanto riguarda il mondo del lavoro.

La prima considerazione da fare riguarda il commercio. Piaccia o meno, siamo stati scaraventati in una realtà che era già tale da anni, ma dove molti imprenditori faticavano a calarsi. Mi riferisco al fatto che, da subito, il commercio non sarà più “il cliente si reca in negozio” ma “il negozio si reca dal cliente”. Sembra banale, l’e-commerce non è certo nato grazie al covid-19. Eppure l’accelerazione in questa direzione è stata bruciante.

Seconda considerazione: il clamoroso flop dei centri commerciali, supermercati e grande distribuzione. Qualcuno potrebbe obiettare che il fatturato in questo comparto è aumentato in modo esponenziale grazie al covid, altro che flop. Che non si erano mai viste tante code chilometriche davanti ai supermercati. Che la gente non ha mai comprato carrelli stracolmi di roba. Tutto ciò, dal punto di vista imprenditoriale, è acqua fresca.

E proprio qui sta il problema. L’incapacità di cambiare pelle quando sarebbe il momento di farlo. E il momento, si badi bene, in qualsiasi attività non è quando le cose vanno male. Al contrario. Un’azienda, in qualunque settore operi, deve saper adattare la propria offerta nei momenti di prosperità, non quando il fatturato cala. Deve saper fiutare il vento che cambia direzione e orientare le vele di conseguenza, prima che una tempesta spezzi l’albero maestro che al momento sembra reggere bene. Questa è una cosa che molti imprenditori e molti manager faticano a capire, e che in questo caso pagheranno a caro prezzo

Se qualcuno di voi ha provato a farsi portare a casa la spesa da Esselunga, Coop o altri grandi catene GDO, si sarà sorpreso di scoprire che non c’era disponibilità di consegna a domicilio, se non per il mese successivo. E a volte neppure quello, specie fuori dai grandi centri urbani.

Cosa è successo? Come è possibile che catene e grandi organizzazioni, alcune con un servizio a domicilio già attivo da anni, non riuscissero a organizzarsi adeguatamente per far fronte alla richiesta? La risposta è semplice. Perché sostenere costi per il personale e mezzi di consegna, quando la gente fa la fila davanti agli ingressi?

Sull’altro lato della medaglia ci sono i piccoli negozianti, gli operatori dei mercati rionali, il pescivendolo, il panettiere, il gelataio. Tutta gente che si è ritrovata con il negozio vuoto dall’oggi al domani, e gioco forza ha dovuto reinventarsi.

Così, sono partite le consegne a domicilio. In pratica, i dettaglianti hanno saputo cogliere una nicchia lasciata vuota dalla grande distribuzione, e vi si sono infilati. Ma non solo loro. Sono fiorite una pluralità di negozi online. Vino, birra, gastronomia, pane, dolci, e chi più ne ha ne metta. Clientela sottratta alla GDO, che rischia di essere persa per sempre.

Quando la coda alle casse finirà, perché finirà, la gente tornerà a fare la spesa nei supermercati?

Molti lo faranno, ma altri, specie quelli con possibilità economiche di un certo livello, avranno allacciato un rapporto di fiducia con il dettagliante o il sito di e-commerce.
I prezzi sono più alti rispetto a quelli dei supermercati? Può darsi. Spesso però lo è anche la qualità . Inoltre, come detto, stiamo parlando di un target sociale medio alto, che dispone di possibilità economiche tali da privilegiare qualità e comodità, piuttosto che il desiderio di risparmiare 10 Euro.

Costoro torneranno a scoprire il negozio di quartiere o il sito di fiducia, e il suo impagabile servizio di consegna a domicilio, di cui ci si può fidare.

Attenzione, però. Lo faranno in molti. Non basta sbandierare che la pizza viene consegnata a domicilio. Lo faranno tutti. Occorre una “mucca viola” per distinguersi. Altrimenti si finirà nel mucchio. Molti per esempio hanno cancellato, o comunque trovato il modo di compensare, le spese di consegna, che non vengono caricate all’utente finale.

Questo porta già a una forte scrematura, che la maggior parte dei negozianti non ha ancora capito. Se devo comprare il vino online, sceglierò quello non mi fa pagare le spese di consegna o quello che mi chiede 9,99€, però gratis se spendi almeno 99,99 Euro? Indovinate un pò dove andrà a finire l’ordine?

E poco importa se le spese ci sono comunque, ma sono camuffate. Si chiama marketing, ma molti sembrano ignorare l’ABC del commercio online. Le spese sono state ricaricate sul prodotto? Bene, a quel punto sarà la comparazione dei prezzi a indirizzare il mercato. Sul web ci vuole un attimo. Il vostro business è a portata di click, ma con altrettanta velocità l’utente può andarsene e raggiungere la concorrenza.

Altro aspetto: molta gente perderà il lavoro. E’ inutile vivere di illusioni e di “andrà tutto bene”. Per molti non sarà affatto così. E, anche qui, occorrerà reinventarsi un lavoro. Non trovandone uno, lo sbocco inevitabile sarà l’imprenditoria. Il negozio di quartiere, l’attività sul web, la startup che punta all’innovazione.

Utile sarà il franchising, che dovrebbe svilupparsi in maniera importante. Attenzione però. Il franchising, non il franciaising o il francising. Per intenderci, le offerte strutturate, efficaci, testate, con punti pilota dove la formula sia stata provata e abbia dimostrato di funzionare fornendo una buona redditività in tempi ragionevoli. Attenzione ai capitani di ventura, agli improvvisatori, agli imbonitori, che nasceranno come funghi.

E anche qui occorre intendersi. La Redazione di DottorFranchising riceve quotidianamente email del tipo “devo aprire un punto di Poste Private a Sottomarina di Chioggia. Me lo consigliate?” O, ancora: “nel mio quartiere manca una lavanderia a gettoni: pensate che sia una buona idea aprirne una?” Domande a cui, ovviamente non è possibile dare una risposta, senza una valutazione in dettaglio della situazione. E infatti non la diamo.

Tipologia sociale e culturale del bacino di utenza; numero e dimensioni di attività potenzialmente concorrenti e distanze chilometriche; tipologia di prodotto in rapporto alla richiesta; costi di esercizio e potenziali profitti a un anno, a due e a cinque; break even point; regolamentazione locale e nazionale; spese pubblicitarie; spese di avviamento e rientri; rischio normativo. E via dicendo. Sono molte le cose da verificare. Non si improvvisa un’attività, qualunque essa sia. Non basta un’idea ritenuta geniale.

Quindi, se state pensando a un’attività in proprio, o sapete esattamente cosa fare perché avete già esperienza nella creazione e gestione di un’attività, o vi affidate a un consulente che possa guidarvi.

Il franchising può essere una buona soluzione, ma occorre saperlo scegliere. Occorre possedere le capacità di radiografarne la struttura, di guardare dietro le quinte, di non fermarsi alle brochure o alle rassicurazioni del Responsabile Franchising, anche se vi sembra una persona seria.

Qui esiste uno strumento che può darvi una buona mano, e guidarvi passo passo per scegliere il franchising adatto evitando di fare un buco nell’acqua. Si chiama proprio FRANCHISING SICURO, e lo trovate QUI

Non siete disposti a investire sulla vostra formazione per apprendere le regole del gioco, e preferite gettarvi a capofitto contando solo sulla buona stella? Probabilmente l’imprenditoria non fa per voi. Puntate altrove. O rischiate di farvi male, come molte storie riportate in questo sito testimoniano.

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