Dom. Apr 28th, 2024

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Aprire un Ristorante Itinerante con Pochi Soldi

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aprire un ristorante

aprire un ristorantedi Roberto Zaretti

Aprire un ristorante itinerante: originale ed economico!

Aprire un ristorante costa. O, meglio, implica un investimento importante. Eppure è possibile aprire un ristorante investendo davvero pochi soldi, inventandosi una formula che in Italia non esiste o, se c’è, è fortemente di nicchia: il ristorante itinerante.

Al mondo esistono migliaia di ristoranti di tutti i tipi, e inventarsi qualcosa di nuovo, che possa distinguersi dalla massa, appare francamente difficile. Ci sono ristoranti sott’acqua, sospesi nel vuoto, sottoterra, a picco su una scogliera, in una fabbrica dismessa, e in centinaia di location particolari.

Poi ci sono ristoranti che puntano sulla qualità, piuttosto che sull’originalità del posto. Sono i cosiddetti ristoranti “stellati”, citati e gratificati dalle più blasonate guide di settore.
Ma anche più semplicemente ristoranti a conduzione familiare, dove la buona cucina la fa da padrona.

Tutte queste attività hanno un elemento comune: sono stanziali. Ergo, per mangiare occorre recarsi da qualche parte, sedersi da qualche parte, consultare un menu, mangiare e pagare.

Proviamo a stravolgere i luoghi comuni. Proviamo a pensare a un luogo dove si possa mangiare l’antipasto in un posto, il primo in un altro (distante magari 30 minuti a piedi, il secondo in un altro ancora. Stessa cosa per il dolce, il caffè e il digestivo. Il tutto passeggiando tranquillamente in un paesaggio ameno, che trasmetta relax, tranquillità, gioia di vivere.

In altri termini, una sorta di ristorante itinerante, dove a muoversi però non è la struttura, come nello street food, ma il cliente. Potremmo coniare un nuovo termine: Very Slow Food (VSF).

Un percorso itinerante, da farsi a piedi o con un mezzo di trasporto, fosse pure il dorso di un asino, dove a ogni tappa una guida racconta storie e aneddoti del posto, e dove il cibo, rigorosamente a km zero, è preparato con le antiche ricette del luogo, anch’esse raccontate agli avventori.

La location può essere un piccolo borgo di montagna, un qualsiasi paese che abbia una storia da raccontare, un qualsiasi posto dove si possa costruire un itinerario che unisca cultura, storia e buon cibo. Elementi dal richiamo irresistibile, specie per gli stranieri, specie per gli asiatici.

L’Italia è piena di posti che potrebbero prestarsi a un’iniziativa del genere. Potremmo dire che ogni paese ha qualcosa da raccontare. Compresi i vecchi borghi abbandonati, o dove sopravvivono pochi anziani, che il più delle volte sarebbero ben felici di prestarsi a raccontare il vissuto dei borghi dove hanno speso la propria esistenza.

Vediamo, per sommi capi, come organizzare il tutto.

La partenza avviene da un punto prestabilito, che può tranquillamente essere un semplice gazebo collocato in un posto strategico del paese, una volta ottenuti i permessi necessari.

Il cliente paga e ritira un coupon (quindi paga prima di consumare, altra differenza importante rispetto a un ristorante tradizionale).

Il coupon verrà timbrato a ogni tappa. Il prezzo è fisso, eventualmente con due o tre proposte differenti e altrettanti menu. Il cliente sa già quanto spenderà, prima ancora di partire da casa (niente sorprese, altro grande vantaggio).

Meglio sarebbe includere nel prezzo un’assicurazione contro eventuali infortuni di percorso, e prevedere nel menu piatti per vegetariani e vegani.

Le comitive numerose si presenteranno a un orario prestabilito, che dia modo di organizzare le cose. I clienti “tradizionali” potranno partire a qualsiasi ora, all’interno di un range preventivamente stabilito che consenta di gestire le varie tappe nei tempi dovuti.

Immaginando che il tutto si svolga tra le frazioni di un piccolo borgo, il cliente, ritirato il coupon, si incamminerà lungo l’itinerario, che dovrà essere chiaramente segnalato. Raggiunta la prima tappa, una guida racconterà la storia del luogo, gli aneddoti e quant’altro.

La guida non dovrà essere necessariamente un professionista da pagare. Chiunque può imparare la storia dei luoghi e raccontarla. Spesso gli stessi studenti delle scuole turistiche sono ben lieti di cimentarsi in questa esperienza in cambio di un pasto e di qualche gadget.

La presenza di qualche anziano dedito a svolgere un’attività artigianale dal vivo, piuttosto che disposto a raccontare una storia, sarà un valore aggiunto all’esperienza.

Esaurito il racconto, si prenderà posto per consumare il primo dei piatti previsti, per esempio l’antipasto e un bicchiere di vino. Importante che il tutto sia rigorosamente locale, e riconducibile al luogo ove ci si trova.

La presenza di una persona che spieghi come nasce e come si produce il cibo, arricchirà ulteriormente l’offerta. Il cartello di uno sponsor e i biglietti da visita sul tavolo consentiranno di avere dal fornitore i prodotti in omaggio, o comunque a prezzo agevolato.

Il cibo verrà consumato all’aperto, se il tempo lo permette, su banalissimi tavoli di plastica o di legno e sedie altrettanto spartane. Nessuno si porrà problemi a riguardo, perché lo avrà già messo in conto. Anche le posate e le stoviglie saranno usa e getta, per ridurre al minimo qualsiasi attività.

Se il ristorante itinerante deve funzionare anche nella stagione fredda, o comunque in presenza di maltempo, occorre pensare a un luogo idoneo, che può andare dalla semplice tettoia al locale coperto e riscaldato, che potrebbe essere tranquillamente una ex stalla, la sala da pranzo degli abitanti della zona, a cui si riconoscerà un compenso, un locale messo a disposizione dalle autorità comunali, e altro.

Qualsiasi luogo che richiami le tradizioni, la spartanità del luogo, e che differisca dalla normale offerta di un ristorante tradizionale.

Naturalmente, ogni cosa dovrà essere preventivamente valutata con la ASL locale e con il Comune, in modo da disporre di tutti i permessi necessari. Servirà presumibilmente anche una licenza di somministrazione di alimenti. Per queste informazioni, l’ufficio comunale preposto sarà in grado di esprimersi a riguardo.

Si tenga presente tuttavia che questo genere di iniziativa ha una forte componente sociale, che consente di far rivivere luoghi che diversamente andrebbero deserti, e di coinvolgere residenti, spesso anziani, che ne trarrebbero giovamento psicologico e, perché no, anche economico. Logico attendersi un occhio di riguardo da parte delle amministrazioni locali.

Ma torniamo al nostro itinerario. Terminato l’antipasto e timbrato il coupon, si riparte per la tappa successiva, dove verrà consumato il primo piatto. Quindi altro spostamento per il secondo, e così via. Importante poter disporre di piatti già pronti, cucinati in giornata o il giorno prima, che possano essere riscaldati con un microonde senza perdere nulla della freschezza originale.

E, soprattutto, importante curare l’aspetto culturale, che possa arricchire il visitatore con un’esperienza che altrove non troverebbe. Ovviamente, in presenza di gruppi di stranieri, occorrerà organizzarsi in modo da comunicare nella lingua nativa (anche qui, molti studenti degli istituti linguistici sarebbero ben felici di fare una simile esperienza).

Al termine del giro il cliente avrà trascorso una giornata diversa, da ricordare, e, se ogni cosa sarà stata fatta come si deve, state pur certi che ne parlerà al mondo intero. Altro grande vantaggio: il passaparola rende pressoché superfluo qualsiasi investimento pubblicitario, se non qualcosa in sede di avviamento.

Importante farsi conoscere dalle agenzie di viaggio, specie quelle che hanno contatti con clienti stranieri. O, meglio ancora, rivolgersi direttamente ad agenzie estere, cinesi, russe, giapponesi in primis, preparando un sito internet che spieghi tutto in dettaglio, che sia tradotto nelle lingue di cui sopra, e che goda di una certa visibilità sui portali turistici.

A tutto ciò si aggiunga la possibilità di vendere gadget, libri, merchandising in genere. Così come fornire servizi supplementari, molto graditi al turismo straniero. Per esempio fornire un servizio navetta con l’aeroporto più vicino. O un corso di cucina della durata di un’ora. O stipulare accordi con gli hotel del posto per il pernottamento. Spazio alla fantasia.

L’attività si presta anche a un’organizzazione su vasta scala, perché no, anche con la formula del franchising.

Quanto occorre investire? Dipende da parecchi fattori, ma è ipotizzabile un investimento compreso tra i 10.000 e i 20.000 Euro, a seconda di come si intendono organizzare le cose e da quanto è già disponibile sul posto.

In ogni caso, un investimento ben lontano da quello di un ristorante tradizionale.

A onor del vero, iniziative del genere esistono già, ma sono per lo più confinate alle sagre di paese, e non dispongono di una organizzazione commerciale, che possa rendere fruibile questo servizio su scala nazionale e internazionale, tutto l’anno, o almeno nella bella stagione, in modo organizzato e strutturato. Insomma, non sono un business.

Per esempio, in provincia di Verbania, nel piccolo paese di Montecrestese, una volta l’anno si tiene il “Giro delle Frazioni”, improntato proprio su un’organizzazione simile, sebbene più limitata e confinata a un solo evento annuale. Se volete uno spunto, e anche fare un’esperienza indimenticabile, contattate la Pro Loco del paese e non perdetevi l’evento.

Attendiamo qui sotto i vostri commenti, qualunque essi siano. E fateci sapere dove aprirete il primo ristorante itinerante. Noi della Redazione verremo a trovarvi. E’ una promessa.

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