La Linea Rossa del Franchising
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Argomento dell’articolo: aprire un franchising
Se dovessi fare una classifica delle domande che più frequentemente mi vengono poste, ai primissimi posti ci sarebbe questa: ” mi conviene aprire un’attività tradizionale oppure in franchising?”
Essendo questo un blog sul franchising, ed essendo chi scrive un operatore del settore, parrebbe scontato difendere a spada tratta la seconda ipotesi. Ma in nome della trasparenza, ingrediente fondamentale di questo blog, diciamo pure che la risposta è: dipende.
Tralasciamo di affrontare i soliti argomenti sui vantaggi del franchising, sia perché ne trovereste a migliaia su qualsiasi sito che in un modo o nell’altro ricavi profitti dal franchising, sia perché ogni tanto bisognerebbe parlare anche degli aspetti negativi, non solo di quelli positivi, che pur ci sono. E questo accade ben di rado.
La domanda a cui vorrei provare a rispondere è la seguente: esiste una linea di demarcazione, una sorta di linea rossa immaginaria, oltre la quale l’alternativa franchising rispetto all’attività tradizionale diventa di gran lunga più interessante in termini di prospettive?
In altre parole, cosa mi deve dare in più il franchising affinché sia giustificabile investirci dei quattrini?
Personalmente, al di là di quanto sbandierato dalla pubblicità, dovessi avviare un’attività imprenditoriale in qualsiasi settore commerciale prenderei in considerazione il franchising solo in presenza di due aspetti fondamentali:
1. il know-how
2. la notorietà del marchio
Se il franchising fosse una torta, credo di poter affermare con ragionevole certezza che questi sarebbero i due ingredienti principali di cui accertare la presenza, prima di infilarla nel forno; le due cose da prendere veramente in considerazione per analizzare il proprio progetto imprenditoriale, e per valutare se davvero il maggior capitale da investire per un’apertura in franchising sia giustificabile.
Vediamo le due cose in dettaglio.
Il Know-how. Ovvero il saper fare, la competenza che il franchisor possiede e che a me manca. Credo (e spero) sia chiaro a tutti che per avviare un’attività, si tratti di un ristorante piuttosto che di un lavaggio automatico per cani, si debbano possedere le competenze adeguate. Competenze di tipo tecnico, ma anche commerciale e di marketing.
Non possedendo tali competenze è possibile “acquistarle” (brutto termine, ma rende bene l’idea di ciò che in fondo il franchising rappresenta) mediante un’affiliazione. In tal modo, come gestire la mia attività dovrebbe essermi trasmesso dal franchisor. Dovrebbe. Già, perché il nocciolo della questione è proprio questo. In che modo queste competenze mi verranno trasmesse? Corsi di formazione, affiancamenti, aggiornamenti periodici? Per quanto tempo? Dove? In che modo? Sono compresi nell’affiliazione o li pago a parte?
Oltre agli aspetti sopra citati, un vero e proprio pilastro di un’affiliazione commerciale, che non solo non deve mancare ma deve pure essere redatto in maniera completa, è il manuale operativo, la bibbia del franchising. Attenzione, non mi stancherò mai di dirlo: il manuale ci deve essere tassativamente, e deve essere fatto bene. Come fare per saperlo? Fatelo analizzare da una persona competente.
Per finire, va da sé che un conto sia avviare un’attività di fornitura e montaggio di impianti solari, un altro sia vendere caramelle. Nel primo caso, a meno di avere una consolidata esperienza nel settore, l’affiancamento di un’azienda che operi in questo settore da anni è pressoché fondamentale, tale da giustificare un’affiliazione. Diverso potrebbe essere il secondo caso, dove sicuramente l’esperienza, specie commerciale, può giocare un ruolo importante, ma che potenzialmente potrebbe essere affrontato anche individualmente, senza franchising, con un minimo di intraprendenza e magari trovando un socio che possieda le competenze che a noi mancano.
Veniamo al marchio. Credo non esistano dubbi sul fatto che un conto sia avviare un negozio di un brand noto, un altro quello di avviare un’attività il cui nome sia sconosciuto. Nel primo caso la clientela accoglierà la nuova attività come l’apertura di un nuovo punto vendita della ben nota catena, nel secondo semplicemente l’apertura di una nuova attività la cui esperienza e convenienza sono ancora tutte da dimostrare.
Ed ecco quindi che abbiamo messo a fuoco il secondo aspetto: quanto è noto il marchio su cui ho puntato gli occhi? Quanta pubblicità viene fatta? Di che tipo? Dove? Con che frequenza? Se domando a mia nonna se conosce il marchio o se l’ha mai sentito in TV, cosa risponde?
Stabilito questo, domandiamoci però anche chi la paga la pubblicità, e soprattutto se sul contratto tale aspetto è chiaramente esplicitato. Non sono rari casi di affiliati che hanno dovuto chiudere per l’impossibilità oggettiva di star dietro alle campagne pubblicitarie dell’affiliante.
Tuttavia la notorietà del marchio, o almeno la volontà provata e contrattualizzata da parte del franchisor di volerci investire dei quattrini, è una componente essenziale nel franchising, una di quelle che possono davvero far pendere la bilancia in maniera decisa.
C’è un ultimo caso: il marchio è poco noto, tuttavia ha già dei clienti in portafoglio nella mia zona, che mi verrebbero passati. Anche questo è un argomento importante.
Insomma, know-how e notorietà del marchio sono i due ingredienti essenziali nel franchising: se mancano, o comunque sono deficitari, avviare un’attività per proprio conto può risultare l’alternativa più conveniente.
Passare la linea rossa, costa. Ne deve valere la pena.
Avendo del denaro da investire sicuramente l’idea dell’ affiliazione è da prendere in considerazione in base ai due parametri citati sopra: l’ attività in proprio ti permette una completa autonomia che il franchising non dà, ma devi possedere esperienza commerciale e tecnica in base al tipo di attività che decidi di aprire;però il franchising con il know how che dovrebbe fornirti supplisce a questa mancanza: dico dovrebbe perchè molte aziende nemmeno lo menzionano.In quanto alla notorietà del marchio sicuramente la decisione del futuro commerciante potrebbe virare verso il franchising, però è anche vero che si dovrebbe investire parecchio denaro per la pubblicità che il franchisor ti chiede e a questo punto forse converrebbe evitare l’ affiliazione. E’ un’ arma a doppio taglio e comunque vanno ben ponderati tutti gli aspetti, affiliazione e attività indipendente.
Grazie del contributo, Loredana. Buona giornata e buon lavoro.
Ottimo articolo, come sempre. Una domanda: mi sono da poco affiliato a una rete nel settore della ristorazione. E’ corretto che debba interamente farmi carico io della pubblicità? Non dovrebbe pensarci l’affiliante? Che mi sono affiliato a fare? Grazie
Buongiorno Franco. Il discorso pubblicità è uno di quelli più delicati in un rapporto franchising, Normalmente il franchisor provvede alla pubblicità nazionale coinvolgendo gli affiliati nelle spese tramite royalties o altra forma. L’importante è che il tutto sia chiaramente quantificabile prima di firmare il contratto e chiaramente esplicitato nel contratto stesso.
Per quanto riguarda la pubblicità locale (quella del singolo punto vendita o comunque di una zona territoriale circoscritta) è quasi sempre a carico del franchisee.
Quindi, se per pubblicità intendi la pubblicità del tuo punto vendita, direi che è assolutamente normale che sia tu a dovertene far carico (a meno che esistano accordi contrattuali differenti).
Buon lavoro