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Euro. Rischio Default?

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La situazione è difficile, ma…

Author: Sandra Vinci

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Siamo in piena emergenza sanitaria. E questo ha ovviamente la priorità su qualsiasi altra cosa.

Nella speranza che si possa risolvere al più presto con il minor numero possibile di vittime, dobbiamo anche essere consapevoli che, a mano a mano che la crisi sanitaria rientrerà, si vedrà spuntare la seconda crisi, quella economica. Che rischia di fare altrettante vittime, forse di più.

Nel corso del mese di febbraio, quando è cominciata la segregazione anti contagio, si è cominciato a parlare di perdita di qualche punto di PIL.

I primi di marzo qualcuno ha trovato il coraggio di parlare di recessione. Poi di affiancare questa crisi a quella del 2008 (Lehman Brothers). Ora siamo alla grande depressione del 1929. Probabilmente, nessuno di questi scenari sarà applicabile alla situazione futura.

Il 29 ottobre del 1929 ci fu il crollo di Wall Street, e l’avvio di una recessione globalizzata. A partire da quel giorno nulla sarebbe stato come prima, e la Storia avrebbe attraversato uno dei periodi più cupi. La crisi economica portò a un’inflazione generalizzata, che nel 1933 decretò in Germania la fine della Repubblica di Weimar e l’avvento del nazional socialismo.

Il rischio è che i tedeschi intendano provare per l’ennesima volta a mettere le mani sull’Europa. Questa volta non con le armi convenzionali ma con un sistema per certi versi più spietato: l’economia.

Il caso Grecia è sotto gli occhi di tutti. I principali asset ellenici sono passati in mano tedesca, a cominciare dagli aeroporti, compreso quello di Atene.

E il famigerato MES, tanto caldeggiato dalla cancelliera tedesca, va proprio in questa direzione.

L’Italia che fine farà? Che ne sarà della nostra economia, delle nostre abitudini, della stabilità sociale, dei servizi pubblici, dell’assistenza sanitaria, e più in generale di tutto ciò a cui siamo abituati?

Va detto che, come qualsiasi circostanza negativa, ci sono anche risvolti positivi.

Il primo è che il Covid-19 ha fatto emergere l’inconsistenza di un Europa che in comune ha soltanto una moneta. Alla prima vera emergenza ogni Stato è andato in ordine sparso. Come un esercito i cui generali passino il tempo a predicare il patriottismo, ma i cui soldati prendano a scappare in direzioni diverse appena cominciano a fischiare la pallottole.

Un Europa dove trionfano i nazionalismi. Dove ogni stato fa concorrenza a quello vicino. Dove la differente tassazione in vigore sposta la produzione industriale da un Paese all’altro, a seconda dell’aliquota più conveniente. Dove il debito pubblico è in capo a ogni singolo Stato, e non alla centralità dell’unione.

Come potrebbe mai stare in pedi un’organizzazione del genere? Chi ha deciso di portare l’Italia in Europa, queste domande avrebbe dovuto porsele, invece di sbandierare l’Euro come la terra promessa.

Ora i nazionalismi tornano prepotentemente a galla, e sarà difficile pensare di tenere insieme questa Europa. Almeno come la conosciamo oggi.

C’è poi un secondo grande risvolto positivo: proprio in questi frangenti, dove gli altri soccombono, gli italiani sanno tirar fuori il meglio di sé, superando il deprimente mantra “tanto siamo in Italia”.

Certo, siamo in Italia, ed è una fortuna. Probabilmente sarà proprio questo a salvarci e a consentirci di ripartire più forte e più coesi di prima. A condizione che chi sta al governo, di qualunque colore sia, sappia prendere le decisioni appropriate.

Se vincerà ancora l’ottusa mentalità di tenere alta la pressione fiscale per coprire il deficit di bilancio, saremo destinati a soccombere, e a diventare lo stato vassallo di qualcuno.

Se si riuscirà a trovare il coraggio di abbattere le tasse (abbattere, non ridurre), eliminando le spese inutili e soprattutto i privilegi di pochi, l’Italia potrebbe ripartire come nel dopoguerra, con una marcia in più rispetto al resto del mondo. Tutto questo si tradurrà in un aumento del debito pubblico? Probabile. Ce ne faremo una ragione. E, sopratutto, dovranno farsela i creditori.

Solo così si potrebbe iniziare ad attrarre capitali dall’estero, come del resto molti Paesi europei già stanno facendo impunemente da anni a scapito di altri (vedi Olanda, Ungheria, Romania ecc.).

Dal canto nostro, crediamo che l’inventiva italiana, se sapientemente incanalata, tra poco tempo riuscirà a far ripartire questo Paese e a farlo tornare a quella posizione mondiale che gli spetta di diritto. Piaccia o meno all’Europa.

Teniamoci pronti, perché potrebbe essere un’occasione irrinunciabile per avviare un’attività proficua, come fecero i nostri nonni negli anni 60.

Qual è la tua opinione sull’Unione Europea? L’Italia dovrebbe uscire dall’Euro o pensi ci possa essere una nuova Europa fondata su criteri diversi? Scrivi qui sotto.

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