Ven. Mar 29th, 2024

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Aprire un Franchising e Ritrovarsi una Scatola Vuota

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aprire un franchising

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Aprire un Franchising: storia realmente accaduta

Aprire un franchising e trovarsi una scatola vuota. Già, perché i pacchi non stanno solo in televisione. Anche aprire un’attività in franchising  può riservare qualche sorpresa se non si adottano le cautele necessarie.

Questa è la storia di Fabio, che voglio raccontare a tutti voi, sia che siate lettori affezionati iscritti alla newsletter sia che siate capitati da queste parti per caso (il modulo di iscrizione è nella colonna a lato).

Immagino che, occupandomi di franchising di professione, dovrei tralasciare certi argomenti che potrebbero risultare controproducenti, almeno così vedo fare ai miei colleghi. Ma in fondo ho creato questo blog proprio per poter dire le cose senza troppi giri di parole e senza dover sottostare a condizionamenti e regole di mercato.

Si parlava di Fabio. Lavoratore dipendente, moglie e due figli piccoli a carico. Un solo reddito, il suo. La moglie a casa, non avendo la fortuna di poter lasciare i bimbi a genitori o suoceri.

Fabio coltivava da sempre l’idea di avviare un’attività in proprio. Era il suo sogno. Sapeva che un giorno ciò sarebbe avvenuto. Non sapeva come, ma lo sentiva dentro.

Un giorno, in una fiera dedicata al franchising, si fermò nello stand di un’azienda che offriva un franchising nel settore dei distributori automatici. Fu amore a prima vista. Aprire un franchising con i distributori automatici gli avrebbe consentito, almeno secondo quanto promessogli, di mantenere il suo posto di lavoro, gestire un paio di distributori e godere di un secondo reddito, impegnando non più di un’ora al giorno: “lei dovrà solo caricare la merce e ritirare i quattrini”.

Troppo bello per essere vero? Infatti non era vero.

Dopo pochi giorni dall’avviamento cominciano i problemi. I distributori non funzionano come dovrebbero, e l’assistenza è tutt’altro che tempestiva, anzi è assolutamente assente. La fornitura delle merce avviene solo per grandi stock, al punto che di pizzette e merendine avrebbe dovuto acquistarne un autotreno, naturalmente pagando anticipatamente.

A ciò si aggiunsero problemi di vandalismo, problemi con il proprietario della piazzola (un distributore di carburante), vincoli commerciali taciuti in sede di affiliazione e altro. L’ora di lavoro che gli era stata presentata in fiera diventò ben presto un impegno di quattro ore, per poi diventare di otto per poter star dietro a tutti i problemi. Dulcis in fundo, una mattina si trovò l’auto distrutta a calci, episodio mai del tutto chiarito.

Non voglio entrare nello specifico di ciò che Fabio avrebbe dovuto fare prima di firmare un contratto di franchising, cioè far valutare l’intera proposta commerciale da qualcuno che ne sapesse un po’ di più. Di questo argomento, e di quale importanza rivesta un consulente per aprire un franchising, ho già scritto svariati articoli, e a quelli vi rimando

E sia chiaro che non sto certo denigrando il franchising dei distributori automatici. Anche in questo settore, come in tutti gli altri, ci sono gli improvvisatori ma anche le aziende serie. Si tratta di capire con chi si ha a che fare.

Voglio invece andare subito alla fine della storia.

Fabio dovette cessare l’attività dopo neppure un anno. Aprire un franchising, nel suo caso, si rivelò un disastro, sia in termini economici che familiari (vi risparmio i dettagli)

Si rivolse a un legale per recuperare i soldi dell’affiliazione e per reclamare i danni subiti. Considerato che i problemi di Fabio si rivelarono essere quelli di buona parte degli altri affiliati, in poco tempo l’azienda franchisor si ritrovò un nutrito esercito di avvocati a farle guerra, ognuno con una causa diversa nella forma ma sostanzialmente identica nei contenuti.

Ma il franchisor non era uno sprovveduto. Sapeva bene che il franchising che aveva messo in piedi era organizzato proprio con questi ultimi (i piedi). Un franchising fai da te, neppure sperimentato, o meglio, sperimentato direttamente sulla pelle degli affiliati.

Consapevole di tale condizione, e con la ragionevole probabilità che tutto sarebbe andato a rotoli in poco tempo, il franchisor si era preventivamente cautelato. Intanto fondando una srl, che in Italia non è soltanto una responsabilità limitata ma decisamente inesistente, e poi predisponendo il necessario per poter sparire dalla circolazione con un paio di semplici passaggi.

Questa azienda si limitò a cambiare nome, a registrare un nuovo marchio e a fare un nuovo sito. Aprì una nuova srl nella stessa sede di quella vecchia, licenziò il personale e lo riassunse nella nuova società. E ripartì alla ricerca di nuove avventure, questa volta in un settore diverso. La vecchia azienda, con tutte le cause pendenti, i debiti e gli impegni assunti, diventò una scatola vuota, alla prova di qualsiasi risarcimento o sentenza.

Le vertenze sono ancora in corso, e non si sa come e quando finirà la vicenda. Ma di certo le possibilità di Fabio di rivedere i suoi soldi e di trovare la soddisfazione che avrebbe meritato sono ridotte al lumicino, grazie a una legge troppo permissiva.

La morale è la seguente: aprire in franchising una qualsiasi attività comporta, e ce lo siamo detti spesso, fare un approfondito controllo di tutto ciò che concerne il pacchetto legato all’affiliazione, dalla prima telefonata fino alla firma del contratto. Ma non è sufficiente.

Occorre anche incaricare un valido commercialista di fare una radiografia dell’azienda, dei soci, dei bilanci degli ultimi tre anni (che, qualora richiesti, l’azienda è obbligata a fornire) e più in generale della situazione societaria e patrimoniale.

Tenetene conto se intendete aprire un franchising, perché di queste cose si parla sempre troppo poco.

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4 thoughts on “Aprire un Franchising e Ritrovarsi una Scatola Vuota

  1. Ciao Roberto e complimenti per questo blog, veramente ben fatto e pieno di informazioni preziose.
    Quello che scrivi è successo anche a me. Anzi, mi sembrava di leggere la mia storia. Nel mio caso nel settore dell’abbigliamento
    Fortuna che ho trovato un valido consulente che mi ha tirato fuori dai guai. Certo, se lo avessi interpellato prima probabilmente adesso avrei un’attività che funziona anzichè un negozio chiuso. Che dire? Tutto serve nella vita. La prossima volta, perchè non mi fermo do sicuro alla prima difficoltà, partirò con il piede giusto

    1. Ciao Gaetano, mi dispiace ma non mi è possibile fare nomi sul blog. Quest’azienda, come detto nell’articolo, ha cambiato settore, e molto probabilmente ha chiuso definitivamente. I rischi citati nell’articolo tuttavia sono all’ordine del giorno, quindi procedi con i classici piedi di piombo e prendi tutte le cautele del caso. A presto.

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